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Orione sta in cielo tra il Toro e i Gemelli. Non è un segno dello Zodiaco, eppure oggi il Sole transita proprio in Orione, il gigante cacciatore del Mito greco e latino. Oggi non manca niente: 4 passi, 10 valli; 5400 m di dislivello, 85 tornanti in salita e 54 in discesa, 21 gallerie; 207 km di asfalto e due di sterrato, per finire; una Cima Coppi e un Parco Nazionale. Questa, oggi, è una tappa per eroi.

Via da Pinzolo, val Rendena. In un attimo è Madonna di Campiglio. Non c’è tempo per pensare a cosa fu e a cosa avrebbe potuto essere, altrimenti o nonostante. C’è subito il Campo Carlo Magno. Parte in caccia Ciccone con López e Chaves. Ne approfitta Mäder per difendersi e per attaccare, Carapaz per rifarsi, Neilands perché è maglia azzurra. Con loro i velocisti a fare gruppetto davanti, non siano mai vittime del tempo massimo.

Val di Sole, val di Non, la fuga resta a tiro. Pozzovivo è coperto, Nibali e Fuglsang pure, per la tappa se non altro. Betancur ed Evenepoel nemmeno quello. Sanno che inseguire sarà un massacro, non farlo una resa anticipata. Squadre al lavoro, subito, assieme agli uomini della maglia rosa.

Tocca al Castrin, Hofmahdjoch, perché è già Alto Adige su entrambi i versanti. Non è confine e non è valico, la strada evita in galleria i pascoli che gli danno il nome. Sotto il Castrin passano López e gli altri scalatori, il solo Mäder in scia. Dietro Betancur allunga. Bilbao prova a ribattere, a nascondere una difficoltà già profonda. Niente da fare, l’imperativo diventa salvarsi, trovare rifugio nel gruppetto sfrangiato dei velocisti della prima ora. Betancur rinforza, tira il gruppo ridotto ai più forti, in cima la rosa virtuale è già sua. Mentre in galleria si fa la conta dei superstiti, Evenepoel sorprende tutti e scatta in picchiata verso la val d’Ultimo.

Si dice che il tornante sia il miglior amico dei ciclisti. Forse in salita. In discesa no. Spezza il ritmo e obbliga al rilancio, richiede perfezione di linee. Oggi si affrontano 139 tornanti. Di questi 139, ce ne sono 54 in discesa. Di questi 54, giù dal Castrin se ne contano due. Di questi due, ne basta uno. Betancur scivola. Fuglsang in un attimo è a terra con lui, tra frammenti di carbonio e tubolari sradicati dai cerchi. Fine dei sogni. Nibali e Caruso si salvano tra la pietra del muro e l’acciaio del guard-rail: una stradina taglia nel prato, benedetta, ma non vale la pena percorrerla fino al maso. Girano e riprendono l’asfalto, mentre Betancur si rialza. Pozzovivo è indenne, solo e libero, raccoglie Evenepoel e raggiunge il gruppetto del giovane scudiero Mäder a San Pancrazio. Per gli altri grandi l’inseguimento è appena iniziato, bisogna fermare Ciccone e Chaves. Non serve più fermare López.

Val d’Adige, val Venosta. Col vento di fronte basta stare coperti. Ma ogni valle laterale è un colpo di fianco, al fianco. Non ci si può difendere in fila indiana. Si apre il ventaglio, ma la strada è più lunga che larga. Protezione per pochi. Davanti i due della NTT con Carapaz, Evenepoel e López che preferiscono collaborare a un destino incerto. Dietro interessi contrapposti e qualità diverse, a ogni folata il gruppetto per selezione naturale si consuma. A un minuto Nibali, Caruso e Dumoulin, a due Yates e Betancur. Gli altri spesi, dispersi.

Prato allo Stelvio, si svolta seguendo il torrente incassato nella valle. A Trafoi, finalmente, si apre la vista sul ghiaccio dell’Ortles. Restano 48 tornanti, non troppo amichevoli nemmeno in salita. Pendenze interessanti rese tossiche dalla quota e dalla distanza. Betancur scatta tre volte. Per due volte Yates regge e rientra. La terza rilancia, Betancur abbassa lo sguardo, ragiona. Sta rientrando su Caruso e Dumoulin, può bastare a finire la giornata in rosa, forse. Tornante 36, davanti Pozzovivo e Mäder salgono regolari, al limite dei watt consentiti, in soglia. Evenepoel ancora lì, aggrappato, con Lopez e Carapaz, in agguato. Nibali e Yates ancora inseguono, rosicchiando secondi. Betancur sempre più lontano, plafonato. Radiocorsa informa, la maglia bianca è in rosa. Quota 2000, il passo appare 24 tornanti più in alto. Un miraggio scavato tra la neve, inganna lo sguardo, illude la mente. Mäder sogna l’impossibile, scatta. Un rettilineo, un tornante, vorrebbe rinforzare ma si spegne. Pozzovivo si volta, incredulo per l’attacco, tradimento e suicidio. Vede Mäder sempre più piccolo, alla deriva. Vede Nibali e Yates, sempre più grandi. Rientreranno su di lui, ma la rosa per ora è sua. Quota 2500, poco ossigeno per respirare, 12 tornanti per scollinare. I primi sei non bastano a López e Carapaz per andarsene da soli, armistizio. Il nono basta a Evenepoel, la cima Coppi è del giovane Re.

Giù in discesa, in un attimo è Quarta Cantoniera. Con una mountain bike si potrebbe tirare dritto per il Giogo di Santa Maria, imboccare il sentiero che plana curvando sui Laghi di Cancano. Solo un sogno, l’asfalto svolta e punta in basso su Bormio. Forse il sogno di Carapaz, che va dritto senz’altra spiegazione apparente, ingannando anche Pozzovivo. Adesso Nibali è in rosa e guida l’attacco in discesa, rientrare è un’illusione. Cacciatori senza speranza.

Bagni vecchi e Bagni nuovi, sognando trattamenti rigenerativi. Un’altra volta. Un attimo ed è già Scale di Fraele, 17 uncini ravvicinati come gradini. López e Yates per la tappa, in agguato per lo scatto decisivo. Nibali ed Evenepoel per la classifica, ritmo da subito. Quattro chilometri, Evenepoel soffre ma è ancora lucido, si vestirà di bianco comunque. Tre tornanti, Yates scatta e López reagisce. Due gallerie, viceversa. Una curva, si scollina tra le Torri. Per Nibali è fatta, non serve più rispondere. Se la giocano in due, l’asfalto alle spalle: Simon Yates, geniale scienziato alla ricerca della formula perfetta, contro Miguel Ángel López, pennellata potente e cuore d'artista. E dopo 209 km, 5400 metri di salita, 4 passi e 10 valli, 139 tornanti e 21 gallerie, a Cancano, Parco Nazionale dello Stelvio, non è giornata da scienza esatta.

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Questa maglia sarà firmata dal vincitore di tappa e messa all’asta per beneficienza alla fine del Senzagiro. Design curato da Fergus Niland, Creative Director di Santini Cycling Wear, su disegno dell'illustratore Gianluca Folì.

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